venerdì 21 settembre 2012

FELICE MABON!





Anche quest'anno è arrivato il tempo di festeggiare l'Equinozio d'autunno, Mabon, il giovane dio della vegetazione e dei raccolti, figlio modron, la Dea madre che quest'anno cade il 22 settembre. La Dea terra è matura,  dalle forme primaverili della fanciullezza era passata a quelle estive della fertilità ed ora sta per trasformarsi in quelle della saggezza e dell’introversione autunnale che, dopo Mabon, prenderà inizio. 


Mabon è il giorno che si trova a metà dei due solstizi, è tempo di riflessione e equilibrio. In questo giorno la luce e le tenebre sono di uguale durata e da inizio all'autunno. Mabon è un periodo faticoso che coincide con il secondo raccolto. Il ciclo produttivo e riproduttivo è concluso, le foglie cominciano ad ingiallire e gli animali iniziano a fare provviste in previsione dell'arrivo dei mesi freddi.

Mabon è anche tempo di vendemmia e della fabbricazione del vino, dalla pigiatura delle uve fino alla chiusura nel buio delle botti, in attesa che sia maturo. 

A Mabon è tempo di onorare le divinità anziane e lo spirito, è tempo di guardare dentro noi stessi abbandonando i vecchi propositi per prepararci al periodo di riposo dell'anno.
Le divinità vengono ringraziate per i loro doni, auspicando il ritorno futuro dell'abbondanza, ricordando di lasciare una parte del banchetto per la natura e le sue creature. In segno di ulteriore ringraziamento alla Grande Madre Terra per i doni che ci ha elargito.

Il ciclo si è quasi chiuso, la natura si prepara alle brume invernali.  Il seme sepolto nel terreno ( a Mabon e Samhain ) muore e nasce la nuova pianta (a Yule) , che percorrerà tutto il suo cammino (a Imbolc, Oestara, Beltaine e al Solstizio d’Estate), e maturerà (a Lughsanad) per poi di nuovo generare il seme che cade nella terra e morire per dare inizio ad un nuovo ciclo. 

Nella nostra vita moderna e frenetica abbiamo perso gran parte dei significati che queste feste e ricorrenze avevano per i nostri antenati. Il contadino che tanto ha faticato d'estate si appresta ora a godersi un periodo di assoluto riposo. Nel periodo medievale e prettamente nell'Alto medioevo, le strade sconnesse diventavano impraticabili in autuno e inverno, il clima rigido non permetteva di restarsene molto tempo all'aperto, per cui così come si fermava la terra anche i commerci e la vita quotidiana rallentava e si fermava.

Chi festeggia Mabon e tutte le altre feste del Calendario pagano si dà l'opportunità di entrare in contatto con questo mondo antico e lontano, imparando ad apprezzare la natura e le cose semplici della vita. Riunirsi insieme alla famiglia o gli amici o semplicemente con la persona a cui più teniamo, l'atmosfera gioiosa e di riflessione, il banchetto pronto e le bocche affamate, i lumicini delle candele e l'odore della cera che brucia e per chi ha la possibilità di farlo un bel fuoco acceso con le foglie secche e il legno del proprio giardino.


La tavola adornata con colori autunnali come il marrone, l'arancione o il bordeaux. Ghirlande, cornucopie simbolo di abbondanza, ghiande, pigne, frutta di stagione come uva, mele, pere, castagne, fichi, kaki, melograni, frutta secca come noci, mandorle e nocciole, gli ortaggi che la terra ci offre in questo periodo come cavoli e cavolfiori di ogni tipo, carote, patate, finocchi, funghi, per non dimenticare cereali, mais e vino, semplice o speziato. Buone pietanze per Mabon sono le zuppe, le schiacciate di frutta e le focacce, pane di grano e biscotti di farina d'avena.



Ognuno può festeggiarlo come meglio desidera ma chi ne ha possibilità può recarsi a fare passeggiate nei boschi o anche per le nostre campagne, offrendo alla Grande Madre Terra gli avanzi del nostro banchetto, dando libagione agli aberi e agli animali, da soli o in compagnia prendendosi un po' di tempo per sedersi sotto ad un albero o vicino ad un ruscello e riflettere, ascoltare il bosco e le sue melodie, il rumore delle fronde scosse dal vento, il canto degli uccelli e perchè no il fragore leggero delle acque di un ruscello. Unirsi alla terra e come lei rallentare, almeno per un giorno, la nostra vita, sentendosi parte integrante di essa.

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